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Il gin è italiano?

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Fulvio Piccinino Il Gin Italiano

La storia dell’origine del gin che tutti conosciamo racconta del medico e naturalista olandese Franciscus de le Boë Sylvius (o Franz de le Boë o de Boe su altri testi) che per primo nel 1614 produsse un olio essenziale di ginepro che mescolò con alcol per ottenere un diuretico a basso costo. Come spesso succede quando si racconta di “storia liquida”, anche questa verità, sembra in discussione. Nel nuovo libro Il Gin Italiano Fulvio Piccinino (pubblicato lo scorso maggio) – voce autorevole della liquoristica nazionale – porta alla luce testi alchemici del Cinquecento, libri di liquoristica rinascimentale e dell’Età Moderna, che confermano che la storia dei gin italiani e dei liquori al ginepro si perde nella notte dei tempi. Non potevamo farci sfuggire l’occasione per indagare direttamente con l’autore di questa originale monografia le origini tricolori del nostro caro distillato.

Perché un libro, un altro, sul gin?

Prima di parlare del libro, mi piacerebbe partire dalla dedica: A tutti i barman e produttori di gin italiani. Mi auguro che questo libro possa diventare per loro uno strumento di lavoro, il cui contento li renda orgogliosi di appartenere a questo meraviglioso paese. Ma adesso partiamo. Si dice che solitamente non bisognerebbe iniziare una recensione dicendo quello che il libro non è…Ma sono futurista e i futuristi erano famosi per il pranzo al contrario. Pertanto, comincio dicendo quello che non si trova in Il Gin Italiano. Penso sia necessario. Non è un libro fotografico, non ci sono le recensioni di gusto e utilizzo dei gin italiani, ma solamente le aziende con i nomi dei produttori, perché le aziende sono fatte da uomini e non solo da prodotti, il tutto condensato in poche righe. Non sono citati i cocktail famosi, ma solo alcuni dimenticati e particolarmente interessanti, e anche qui senza foto. Non c’è nessuna recensione delle toniche e non mi interessa nel modo più assoluto il loro abbinamento. Non è il mio lavoro. Non c’è la storia che tutti conoscono e che hanno letto, ma una nuova versione dei fatti, a forti tinte tricolore. Non c’è la foto della Gin Lane.

gin
Tavola botanica di Castore Durante

È un libro che non c’era e che dimostra, attraverso un’analisi storica rigorosa, le origini italiane del Botanical Gin. Pur ritenendo i precedenti testi degli ottimi lavori, nessuno aveva analizzato la bibliografia antica, puntando invece sul sicuro e lavorando principalmente sulle recensioni dei prodotti, realizzando libri più simili a una guida dei vini. Chi conosce il mio lavoro e ha letto Saperebere e Il Vermouth di Torino, sa che preferisco i contenuti alle immagini e che cerco di mantenere i prezzi dei miei libri contenuti per dare modo a tutti di potervi accedere. Non è uno svilimento del contenuto, ma un’idea di comunicazione per rendere la cultura fruibile a tutti. Inserendo troppe foto o immagini a colori si creerebbe un libro per collezionisti o amanti della storia, ma se ne precluderebbe la fruizione a quelle persone che non hanno budget stratosferici per la loro formazione.

È tempo di riscrivere la storia del gin?

Si assolutamente. Il testo è incentrato sul ritrovamento di un documento sensazionale datato 1555 che dimostra come la prima distillazione di Botanical Gin sia italiana. Seguono altri testi di alchimia, farmacopea e liquoristica a dimostrare che noi italiani il ginepro lo sapevamo e lo sappiamo lavorare e non siamo secondi a nessuno. Inoltre, il libro chiarisce alcuni aspetti finora trattati in maniera superficiale. Tutti fanno riferimento alla Scuola di Salerno quando parlano di origine italiana del gin, ma non è esatto. La macerazione del ginepro era in vino, pertanto non esattamente quanto noi prevediamo oggi per la produzione del gin. Quando si fa ricerca dobbiamo sempre cercare il prodotto più vicino a quello che intendiamo oggi, altrimenti l’inventore del vermouth sarebbe il gourmand dell’Antica Roma Marco Gavio Apicio e tanti saluti a toscani e torinesi. Quindi cosa è il gin, oggi? Nella maggioranza dei casi, escluse alcune tipologie o prodotti dell’ultima generazione, è un distillato ottenuto dal passaggio in alambicco discontinuo di un macerato in alcol di più piante, dove il ginepro è egemone al profumo e al gusto.

gin Alessio Piemontese
De’ secreti di Alessio Piemontese

Il primo che ne scrive non è il Compedium Salernitanum, ma Alessio Piemontese nel primo capitolo del suo libro De’ secreti. Il suo Liquore è un rimedio universale contro le malattie. Quando ho letto quelle pagine sono trasalito, tale era l’attinenza con la produzione di un gin. Alessio infatti macera in alcol da vino, distillato due volte, sei parti di ginepro unendolo con altre piante aromatiche compatibili con un gin moderno, la cui dose varia da due a quattro. La macerazione avviene separatamente in base alle caratteristiche delle piante e quando le distilla ottiene “un’acqua chiarissima come quella di fonte”. La cosa incredibile è che ovviamente Alessio non consiglia un abbinamento con una tonica, ci mancherebbe, ma ha ben chiaro il concetto voluttuario, consigliando di mescolare il liquore con della Malvasia dolce.

gin
L’Arte dello Spetiale di Francesco Sirena

Seguono altri documenti che confermano l’expertise italiana, come i Secreti di Isabella Cortese del 1561 con il suo rimedio “contra la peste ed il veleno” e L’Arte dello Spetiale di Francesco Sirena con la sua “acqua balsamica”, di qualche anno dopo. Tutte queste ricette vedono la presenza del ginepro in maniera importante e sono tutte ottenute macerando le piante nell’alcol per poi distillare a bagnomaria. La prima ricetta di Isabella Cortese, fra l’altro, potrebbe essere la prova che la ricetta di un botanical gin abbia risalito l’Europa seguendo la diffusione della peste, ricordando che la tradizione vuole che Franciscus Sylvius lo abbia prodotto nel 1614.

Inserisco nel libro anche altri testi di farmacopea italiana e tutta la letteratura dei liquoristi da Rossi a Sala, passando da Castoldi, i veri maestri che hanno influenzato in maniera determinante il nostro sapere. Un vero libro sul gin italiano dunque. Infine, un altro aspetto importante: rispetto alla maggioranza dei testi, parlo diffusamente del metodo produttivo e della distillazione, temi sui quali tengo anche dei seminari, poiché spesso c’è molta confusione sul procedimento di lavorazione e di taglio di teste e code. Spero, pertanto, di aver fatto finalmente chiarezza.

Quanto conta il territorio per il gin italiano?

Moltissimo, siamo il Paese con il più alto indice di biodiversità. Lungo lo Stivale abbiamo una tale abbondanza di principi aromatici che ci permettono di personalizzare i nostri gin in modo originale, ma assolutamente corretto. Potremmo produrre e personalizzare gin all’infinito, evitando soluzioni estremamente fantasiose, che ultimamente mi sono venute alle orecchie.

Come spieghi il boom del gin?

Non deve stupire. Nel boom del gin di inizio Novecento quasi la metà di tutte le distillerie italiane, circa 2.000 erano quelle iscritte all’albo, produceva un gin, normalmente un compound. Quindi avevamo probabilmente un migliaio di gin dei quali però non abbiamo più traccia. Ciò non deve stupire: abbiamo almeno un ventina di produttori di vermouth di fine Ottocento premiati a esposizioni mondiali dei quali non ci rimane più nulla, se non la citazioni sugli albi professionali. In Vini e Liquori d’Italia di Renato G. Dettori del 1953 si scopre come il gin fosse uno dei fiori all’occhiello della produzione italiana del dopoguerra. Tutte le aziende aderenti all’unione industriale dell’epoca produceva un gin. Al fondo del testo c’è un elenco ben fornito e di alcune bottiglie si trova anche la foto.

Vini e Liquori d’Italia di Renato G. Dettori

Oggi le distillerie attive sono circa 100 e ci sono poco più di 100 gin italiani sul mercato. Non è un boom, semplicemente ogni realtà produttiva ha interpretato il tema. In fin dei conti è semplice da produrre, soprattutto nella versione compund, non necessita di invecchiamento, ha un ottimo margine e non impegna molti capitali. Inoltre, permette di lavorare con la fantasia e lo story telling, che sia di territorio o di tradizione. Un’occasione che nessuno vuole perdere.

Quali sono stati i testi (o fonti) che hanno influito maggiormente sulla tua riscoperta del gin italiano?

Ho più di cento testi storici a casa e, escluso il De Secreti che contiene ancora qualche sorpresa, direi le pubblicazioni di fine Ottocento. I libri di liquoristica, dal primo ricettario piemontese di Umberto Re, fino a Sala, Rossi, Cioffi, Salani, Castoldi e l’autarchico Vandone, contengono già gli elementi del gin moderno e della filosofia italiana della produzione di qualità influenzata dalle spezie coloniali e dal territorio italiano.

Nel libro citi anche il libro Saper Bere (1974) scritto da Luigi Marinato e Franco Zingales, il maestro di tutti noi “bargiornalisti”. Cosa ha rappresentato Zingales per te?

Durante i miei seminari apostrofo benevolmente Zingales perché fu proprio lui nel suo Saper Bere a divulgare la teoria che fa risalire l’origine del gin a Franciscus de le Boë. Ma è un errore perdonabile, anche perché fu grazie a lui che si iniziò a parlare in maniera professionale delle origini dei distillati.

gin VANDONE
Manuale del liquorista di Edoardo Vandone

Nei suoi libri c’è la voglia di lavorare sulla storia della merceologia. Grazie ai suoi lavori cessò l’idea di libro concepito come semplice raccolta di ricette di cocktail da eseguire in maniera asettica. Il barman ebbe finalmente in mano uno strumento per capire la produzione di un distillato e, soprattutto, perché quel distillato era arrivato fino a noi. Non dimentichiamo, inoltre, che il libro con la storia dei singoli cocktail diede ai barman la possibilità di intrattenere il cliente in maniera completamente diversa. Per me Zingales è stato fondamentale, non per nulla ho divorato i suoi libri quando iniziai a fare il barman e quando decisi di scrivere chiamai il mio libro Saperebere. Un omaggio al papà del giornalismo di settore, nonché ispiratore del mio progetto. Unire storia e cultura del cocktail e dei distillati fu un’intuizione geniale, che io sviluppai soprattutto a scuola, per interagire e interessare gli alunni degli istituti professionali.

Alcuni si lamentano dicendo che c’è un’inflazione di gin italiani. Cosa ne pensi?

Io stesso produco un gin e dico che più siamo, meglio stiamo, a patto che non si raccontino favolette e story telling che al confronto la leggenda dell’unicorno è credibile. Sarà il mercato a decidere. La ruota gira e la storia della liquoristica è fatta di corsi e ricorsi. Fra dieci anni vedremo chi rimarrà.

Dici che siamo pronti per la Doc gin italiano?

Sono abbastanza ferrato in disciplinari, avendo partecipato ai lavori sul Vermouth di Torino, e credo che sarebbe quanto mai complesso. Su che basi fondarlo? L’uso esclusivo di ginepro italiano? Difficile vista la penuria e gli andamenti stagionali. Idem dicasi per le altre piante. Magari si potrebbe dare una prelazione al loro uso, nel senso che se utilizzi la menta non puoi comprare quella cinese, ma devi acquistarla a Pancalieri. Uso di basi alcoliche distillate da vino o cerali italiani? Lieviterebbero i costi rendendo tutto il gin italiano fuori mercato. L’unico modo sarebbe di creare la categoria “Superiore”, con tirature limitate e rispettando quanto detto precedentemente, lasciando i gin da lavoro liberi da ogni vincolo. In questo modo si certificherebbe l’eccellenza e il relativo costo superiore.

gin alambicco Parmentier
Schema di una distilleria di acquavite del XVIII secolo

Concludo con una riflessione. Sono stato di recente all’Imbibe di Londra, dopo aver saltato la precedente edizione. A distanza di due anni ho visto, giusto per fare un esempio su tutti, tantissimi gin rosa, aromatizzati con gambi di rabarbaro, fragole, arance rosse e lamponi. Il rischio che vedo è una contaminazione esagerata e una estremizzazione del gusto, dove si contraddice il disciplinare del gin. A questo punto sarebbe auspicabile un richiamo ufficiale dell’Europa al disciplinare. Non dico di ritornare al solo London Dry, sarebbe impossibile ripartire dal solo alambicco a caldo, ma di rispettare i canoni gustativi. Il ginepro spesso è un comprimario. Ma nella legislazione si parla di gin come di distillato di ginepro (ovvio che debba profumare di ginepro) e non di botanical gin che invece non è regolamentato. Questa contaminazione con altri principi aromatici accade più raramente nel gin italiano, ed è una gradita sorpresa, a patto di non essere smentito domani. Siamo stati più rigorosi degli spagnoli che hanno prodotto gin al mango ed alla fragola fin da subito, e degli inglesi che hanno seguito l’onda. Abbiamo lavorato con pigne, mirto, agrumi e altre piante assimilabili ai profumi del ginepro, senza snaturare la sua balsamicità. Noi italiani siamo più tradizionalisti, ancora una volta il vermouth a dimostrazione, e siamo stati molto attenti a lavorare sul territorio mantenendo comunque il ginepro come caposaldo.

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Diplomático Single Vintage 2004 in Italia con Compagnia dei Caraibi

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Diplomático Single Vintage 2004

Una nuova referenza ultra premium entra nella Gamma Prestige di Rum Diplomático, gamma che racchiude le migliori selezioni delle edizioni limitate del brand venezuelano. Si tratta di Diplomático Single Vintage 2004 (alc. 43% in vol), importato e distribuito in esclusiva in Italia, come il resto della famiglia dei rum Diplomático, da Compagnia dei Caraibi.

Il nuovo prodotto, come da tradizione, nasce dall’assemblaggio di una selezione di rum distillati nella specifica annata, in questo caso il 2004. Rum a loro volta ottenuti da miele di canna da zucchero, distillati in tradizionali alambicchi in rame e invecchiati per 12 anni in botti di quercia bianca americana precedentemente usate per affinare bourbon e whisky. Terminato il processo di invecchiamento, i maestros roneros, guidati da Nelson Hernández, compongono il blend che viene lasciato affinare per un altro anno in botti di Oloroso Sherry.

Leggermente più secco e boisé dei precedenti Single Vintage, la nuova referenza è contraddistinta da un perfetto equilibrio sensoriale e presenta un profilo aromatico ricco di note di caffé, vaniglia e cioccolato e un gusto fragrante ed equilibrato, con note tostate e speziate, che si chiude con un finale lungo, persistente e particolarmente morbido. Un pregiato spirit da meditazione, disponibile in bottiglia da 70 cl, dalla linea essenziale ed elegante, da servire liscio a una temperatura tra i 18 e i 20 °C, magari accompagnandolo con cioccolato con 70-80% di cacao o un sigaro.

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Yoga L’Arte del 100% premiata al Press, Outdoor & Promotion KeyAward

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Yoga

Un packaging dal design innovativo, con un look di grande effetto, in grado di trasmettere i valori di naturalità, qualità e semplicità del prodotto. È con questa motivazione che Yoga l’Arte del 100%, la linea di succhi naturali del brand di Conserve Italia, si è aggiudicata il 15° Press, Outdoor & Promotion KeyAward nella Categoria C2 – Packaging, prestigioso riconoscimento assegnato dal gruppo Media Key a chi opera nella comunicazione e nella pubblicità e che analizza le campagne in corso.

L’innovatività del pack, il suo look trendy ed elegante e un’etichetta pulita che esalta la naturalità dei prodotti, le 8 referenze 100% frutta e i 4 mix di frutta e verdura 100% veggie, sono gli elementi che hanno conquistato la giuria.

Yoga L'Arte del 100%I succhi sono infatti contenuti in bottiglie in vetro trasparente da 200 ml, con la scritta in rilievo che fa riferimento alla nascita del brand Yoga, il 1946. A questo si aggiunge un’etichetta dai tratti puliti e dallo stile artigianale che esalta l’immagine e la descrizione del prodotto. Un lavoro che ha colpito dunque nel segno, e che è stato realizzato dall’agenzia Hub09 di Torino, che ha curato la brand identity del progetto Yoga l’Arte del 100%, il design del packaging delle referenze e i materiali di presentazione.

La cerimonia di premiazione si svolta presso il nuovo Auditorium dell’Università Iulm di Milano e a ritirare il riconoscimento sono stati Gabriele Angeli e Pier Giorgio Missiroli, rispettivamente, direttore marketing Horeca food & beverage e Business development horeca beverage di Conserve Italia, e Owen Walsh e Maurizio Cisi, rispettivamente, design director e direttore generale di Hub09.

 

 

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Fattura elettronica? Tutto facile con Menu!

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fattura elettronica

Dal 1 gennaio 2019 la fatturazione elettronica coinvolgerà aziende e professionisti di ogni ordine e grado. Una novità che interessa anche i bar, i quali, pertanto, dal prossimo anno, come già avviene per quelli che hanno rapporti con la pubblica amministrazione, dovranno emettere fattura con questa modalità verso tutti i possessori di partita Iva e con la stessa modalità la riceveranno dai loro fornitori.

Il nuovo adempimento, però, non deve essere vissuto dai gestori come l’ennesima complicazione creata dalla pubblica amministrazione per complicare loro la vita: certamente comporta una serie di obblighi, ma la fattura elettronica assicura anche indiscutibili vantaggi. L’importante è disporre degli strumenti giusti per gestirla.

Innanzitutto, occorre precisare che non si tratta della fattura in formato Pdf. La fattura elettronica è infatti un documento che nasce, viene trasmesso e conservato solo ed esclusivamente in versione digitale. Deve essere prodotto in un formato specifico (chiamato XML), compilato secondo certe regole (il cosiddetto “tracciato”), portare con sé la firma digitale e va trasmesso al Sistema di interscambio (Sdi) dell’Agenzia dell’entrate.

Nato in primo luogo per rafforzare la lotta all’evasione fiscale, il sistema garantisce vantaggi anche a chi lo utilizza, tra i quali l’abbattimento dei costi e dei tempi legati alle operazioni di fatturazione e la certezza della consegna. La fatturazione elettronica si rivela dunque un buon alleato per velocizzare i tempi di gestione dell’attività e, soprattutto, per evitare alcuni annosi problemi, ad esempio che i documenti vadano persi o che il cliente finga di non avere ricevuto nulla!

Perché tali promesse si traducano in reali benefici è necessario utilizzare un sistema di gestione veramente efficiente. A tale proposito Menu, il software gestionale per i pubblici esercizi sviluppato di Passepartout, propone un servizio all inclusive che permette al gestore di procedere come ha sempre fatto per l’emissione della fattura: tutto il processo, dall’emissione all’applicazione della firma digitale, dalla trasmissione fino alla conservazione (che la legge impone per un tempo di 10 anni), è gestito dalla software house di San Marino.

Una soluzione studiata per rendere la gestione dell’amministrazione del ristorante leggera, puntuale e soprattutto a norma, senza alcuna necessità di ricorrere ad altri software esterni, applicazioni complesse e lettori per la firma digitale.

Passepartout s.p.a.
World Trade Center
Via Consiglio dei Sessanta, 99 – 47891 Dogana
Repubblica di San Marino

Tel. 0549 978011
Numero Verde 800 414243
www.passepartout.net

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Gli italiani (all’estero) trionfano anche quest’anno ai World’s 50 Best Bars

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World’s 50 Best Bars 2018

Da Londra, dopo la sfavillante cerimonia di premiazione di ieri sera al Roundhouse, provengono squilli di tromba. Come potete osservare dalla classifica dei World’s 50 Best Bars, che pubblichiamo in calce, il Dandelyan (Londra) vince e scavalca l’American Bar del Savoy di Londra. Il deus ex machina del Dandelyan Ryan Chetiyawardana, alias Mr. Lyan, comunica che nonostante il successo ci sarà una rivoluzione totale all’interno del locale: «Perché il cambiamento e la capacità di rimettersi in discussione sono la vera chiave del successo».

Proseguiamo con l’analisi della classifica: il Regno Unito e gli Stati Uniti contano, ciascuno, 10 locali nella lista, con Londra e New York super protagoniste. Singapore guida il gruppo dell’Asia con 5 bar nell’elenco. Dodici i nuovi bar rispetto alla scorsa edizione. Dieci sono al debutto, due sono dei rientri. Quattro nuovi bar di Londra entrano nella classifica: Coupette (18° posto), Scout (28°), Three Sheets (29°) e Swift (46°). Balza direttamente al decimo posto, come su un tappeto elastico, The Old Man di Hong Kong e vince il premio come migliore nuova entrata. L’Himkok di Oslo, in Norvegia (19°), si aggiudica il nuovo premio dedicato al bar più sostenibile del pianeta. Joe Schofield, di recente approdato Tippling Club di Singapore (58°), viene nominato “Bartender’s bartender”, Il Carnaval di Lima in Perù (68°) riceve il premio “the one to watch”, il locale che vale la pena tenere sotto osservazione.

La classifica, tirando le somme, non si è smossa più di tanto. Eppure l’Academy che elegge i migliori ha rinnovato del 60% la sua composizione. Questo con buona pace del solito adagio: “tanto non cambierà mai niente e vinceranno i soliti perché i votanti sono gli stessi”. Quest’anno, per completezza di informazione, un elettore su tre era un giornalista, 1/3 un professionista del settore, 1/3 un abituale consumatore (di cocktail). In un’ottica di ulteriore rinnovamento si parla di spostare la prossima sede della cerimonia in altri città europee e, nel 2021, di sbarcare addirittura a Singapore.

Ma ora andiamo a quello che ci riguarda più da vicino: per la prima volta, in dieci edizioni, tra i World’s 50 Best Bars non c’è più un locale italiano. Lo avevamo sperato fino all’ultimo. Specie quando abbiamo visto slittare fuori dalla classifica dei migliori 50 due baluardi della miscelazione nazionale: il Nottingham Forest di Milano (attualmente 99°) e il Jerry Thomas, 33° posto nel 2017 e oggi 52°. Certo c’è stata la grande soddisfazione di una new entry come il 1930 di Milano, volato direttamente all’80° posto, ma non è sufficiente a comprendere la totale esclusione dei bar italiani dai migliori 50. Qualcuno obietterà che le classifiche lasciano il tempo che trovano, ma il dato di fatto è sotto gli occhi di tutti. Siamo fuori. O meglio, i bar d’Italia sono fuori, ma in questa classifica, ancora una volta c’è tantissima Italia. A cominciare dal Connaught Bar di Londra (5°), guidato da Ago Perrone e con una squadra di bartender tutta italiana, che è stato nominato “La leggenda della lista 2018”. Proseguendo con Enrico Gonzato, Alfonso Califfano e Veronica Di Pietrantonio (Dandelyan); Luca Cinalli (ex Oriole); Stefano Filardi, Ciprian Ronaldo Angelo Sparvoli, Nicolas Medicamento ecc. (American Bar del Savoy); Pietro Collina del NoMad di New York; Giacomo Giannotti e gran parte dello staff del Paradiso di Barcellona.

Ciò che è andato forte nella classifica, oltre alla folta presenza di barman italiani, è l’Italian Sounding, che il dizionario definisce “un termine utilizzato per indicare un fenomeno che fa riferimento all’imitazione di un prodotto/denominazione/marchio attraverso un richiamo alla presunta italianità”. Ci sono due locali nei primi dieci: Bar Termini a Londra e Dante a New York che dell’italianità hanno fatto la loro bandiera. Proponendo negli arredi e/o nei cocktail le atmosfere e gli ingredienti del bar tradizionale italiano. Quello storico o di piazza per intenderci. Non quello di design o hi-tech. Se vogliamo parlare di tendenze, il prototipo del bar italiano che fa furore all’estero è quello che fa riferimento, nella forma e nella sostanza, al Dopoguerra, agli anni Sessanta del boom economico, ai film di Fellini, al Neorealismo, alle sedie e alle tende in vimini, a Frank Sinatra e compagnia cantante. Posti da bitter, spruzzati, vino bianco, caffè espresso e sgroppini. Sono ambienti che troviamo riflessi nel Bar Luce (2015) progettato dal regista Wes Anderson, che ha ricreato alla Fondazione Prada di Milano l’atmosfera di un tipico caffè milanese. Quando un bartender straniero passa per Milano chiedetegli quale genere di bar vuol visitare e avrete la risposta in mano. Cercherà i posti con le pareti che profumano di antico. Quelli da Lavorato Secco o da Negroni “Spagliato”, per capirci. A questo punto, per dirla alla Marzullo, facciamoci delle domande e cerchiamo di darci delle risposte.

THE WORLD’S 50 BEST BARS 2018

  1. Dandelyan – London, Uk
  2. American Bar – London, Uk
  3. Manhattan – Singapore
  4. The NoMad – New York, Usa
  5. Connaught Bar – London, Uk
  6. Bar Termini – London, Uk
  7. The Clumsies – Athens, Greece
  8. Atlas – Singapore
  9. Dante – New York, Usa
  10. The Old Man – Hong Kong, China
  11. Licorería Limantour – Mexico City, Mexico
  12. Bar High Five – Tokyo, Japan
  13. Native – Singapore
  14. Florería Atlántico – Buenos Aires, Argentina
  15. Attaboy – New York, Usa
  16. The Dead Rabbit – New York, Usa
  17. Oriole – London, Uk
  18. Coupette – London, Uk
  19. Himkok – Oslo, Norway
  20. Speak Low – Shanghai, China
  21. Sweet Liberty – Miami, Usa
  22. Baba Au Rum – Athens, Greece
  23. Operation Dagger – Singapore
  24. Le Syndicat – Paris, France
  25. Lost & Found – Nicosia, Cyprus
  26. Employees Only – New York, Usa
  27. Central Station – Beirut, Lebanon
  28. Scout – London, Uk
  29. Three Sheets – London, Uk
  30. Black Pearl – Melbourne, Australia
  31. Tales and Spirits – Amsterdam, Netherlands
  32. Linje Tio – Stockholm, Sweden
  33. Little Red Door – Paris, France
  34. 28 HongKong Street – Singapore
  35. Happiness Forgets – London, Uk
  36. La Factoría – Old San Juan, Puerto Rico
  37. Paradiso – Barcelona, Spain
  38. Indulge Experimental Bistro – Taipei, Taiwan
  39. El Copitas – St Petersburg, Russia
  40. Tommy’s – San Francisco, Usa
  41. BlackTail – New York, Usa
  42. Candelaria – Paris, France
  43. Schumann’s – Munich, Germany
  44. Trick Dog – San Francisco, Usa
  45. Fifty Mils – Mexico City, Mexico
  46. Swift – London, UK
  47. Salmon Guru – Madrid, Spain
  48. Buck and Breck – Berlin, Germany
  49. Bar Benfiddich – Tokyo, Japan
  50. Lost Lake – Chicago, Usa

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Riflettori accesi sull’Italia al Bar Convent Berlin

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Bar Convent Berlin

Berlino è pronta a trasformarsi nella capitale mondiale della bar industry. Scatta dall’8 al 10 ottobre l’appuntamento con Bar Convent Berlin, tra i maggiori eventi internazionali del settore, che vedrà accorrere alla Berlin Station, la sede della manifestazione, baristi, barman e aziende da tutto il mondo.

Oltre 400 gli espositori, provenienti da 40 paesi, e 1200 i brand presenti alla kermesse per presentare le loro ultime novità dedicate ai locali, e un ricchissimo programma di masterclass, seminari e incontri che affronteranno le più diverse tematiche del comparto è il menu preparato per questa edizione.

Riflettori accesi sull’Italia, paese ospite quest’anno, presente in forze con circa 45 aziende, che fanno del nostro padiglione il più ricco di espositori dietro la Germania, che “gioca in casa”, e con un calendario di incontri di altissimo livello. Incontri che si aprono lunedì 8 con il seminario di Agostino Arioli e Alfonso Strianese sul boom della produzione di birre artigianali nel nostro paese, proseguono con Antonella Nonino che parlerà dell’evoluzione del distillato italiano per eccellenza, la grappa, e con il seminario di Camper English sulla liquoristica italiana e il suo uso in miscelazione. Il giorno successivo sarà la volta di Rod Eslamieh e Troy Guasque che parleranno del connubio tra caffè e alcol, e di Francois Monti che terrà un seminario interamente dedicato al vermouth. Infine, mercoledì 10 si comincia con Leonardo Leuci, che parlerà dei drink proposti a The Jerry Thomas Project di Roma, per proseguire con l’incontro con Simone Caporale e Stefano Nincevich, responsabile iniziative speciali di Bargiornale, sul caldo tema Low Abv vs High Abv, per concludere con la storia della miscelazione italiana, tema oggetto di un altro seminario di Leonardo Leuci.

Tantissimi gli ospiti internazionali protagonisti dei seminari e delle conferenze che animeranno i tre giorni di Bar Convent Berlin. Tra gli appuntamenti segnaliamo l’incontro con Bobby Heugel sui programmi di formazione per i bartender, quello con Sean Finter, che illustrerà alcune idee e soluzioni a basso costo che possono aiutare a migliorare il business dei locali, attraverso le esperienze di alcuni bar di successo, quello con Joe Schofield, Matt Whiley e Shervene Shabazkhani sul processo creativo dei bartender. Su quest’ultimo tema anche gli incontri con Frankie Solarik e Micah Melton, che provengono da due dei bar più creativi del mondo, rispettivamente, il BarChef di Toronto e l’Aviary di New York, mentre Oron Lerner affronterà il tema dell’ospitalità e su come mettere il cliente a suo agio e regalare una bar experience di alto livello.

Non mancano gli incontri su argomenti di sempre più stretta attualità, come l’utilizzo dei social media, con James Stevenson e Natalie Migliarini che spiegheranno come sfruttarli al meglio per mettere in piedi innovative forme di marketing per i locali, e la sostenibilità, con i bartender Claire Sprouse e Chad Arnholt che illustreranno tutti i modi per risparmiare acqua nei bar, dalla produzione del ghiaccio alla pulizia di stoviglie e attrezzature.

Novità di quest’anno lo spazio Brew Berlin, interamente dedicato alla birra, che va ad aggiungersi a Cofee Convent, riservato invece al caffè e già introdotto nell’edizione precedente di Bar Convent Berlin: una scelta nata dalla volontà di offrire ai visitatori una panoramica sulle soluzioni per il bar che andasse oltre il solo mondo degli spirit. Nel primo si potranno approfondire le conoscenze sui principali stili di birra e apprendere come valorizzarli al meglio. Nel secondo verrà analizzato il tema del caffè al bar in tutte le sue possibili declinazioni, focalizzandosi in particolare sulle nuove tendenze, dal nitro e cold brew alla miscelazione a base caffè.

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Barawards 2018 al rush finale: vota i tuoi preferiti!

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Barawards 2018

Sciogliete i polpastrelli, aguzzate la vista, scegliete con attenzione e… cliccate. Sì, perché si sono aperte le votazioni on line di Barawards 2018, il premio volto a valorizzare la professionalità e l’innovazione nei bar, ristoranti e hotel italiani, promosso da Bargiornale, Ristoranti, Dolcegiornale e Webar.

Come per le tre precedenti edizioni, anche quest’anno sono tantissime le candidature arrivate in redazione, sia da parte dei locali e professionisti, per le loro rispettive categorie, sia di nuovi prodotti, attrezzature e servizi presentate dalle aziende del settore per il premio Innovazione dell’anno.

Noi abbiamo fatto la nostra parte: il panel di esperti selezionati dalle redazioni delle riviste le ha passate al vaglio per arrivare a stilare la lista dei candidati alla vittoria che vi sottoponiamo.

Ora è il vostro turno. Con il voto deciderete chi tra le tante eccellenze del mondo dell’ospitalità italiana e tra le soluzioni innovative proposte dalla nostra industry meriterà di essere premiato.

Prima, però, un rapido riepilogo delle regole. Si può votare una sola volta esprimendo fino a 3 preferenze per categoria. Le votazioni on line si chiudono il 31 ottobre e la classifica finale sarà frutto della somma dei voti on line (40%) e delle votazioni dei panelist (60%).

I vincitori di Barawards 2018 saranno svelati durante la Dinner Gala in programma il prossimo 10 dicembre che, anche quest’anno, si terrà all’Unicredit Pavillion di Piazza Gae Aulenti, nel cuore del nuovo distretto dei grattaceli di Milano. Una grande festa per celebrare i grandi protagonisti dell’ospitalità made in Italy.

Buon voto!

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Scelti i 10 finalisti di Miscelatore Record Nazionale

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Miscelatore Recond Nazionale

Selezionati i 10 finalisti che si contenderanno la vittoria nella terza edizione di Miscelatore Record Nazionale, il concorso di Cocchi dedicato alla miscelazione A darsi battaglia con le loro originali polibibite nella Gran Serata Futurista, in programma il prossimo 18 ottobre presso il Museo nazionale dell’automobile di Torino, saranno: Palmerino Bussolo del Password Speakeasy / Password Bartender School di Castel Frentano (Chieti) con Lo Stuzzicatore, Valerio Dussich di Bologna con Il Sensazionale realizzato con la S.P.O.S.A., Marco Fedele del Botaniko di Roma con Dai su alzati da giù, Michele Guagliardo  de Il Roma di Ravenna con Il bene del Futurismo, Luca Menegazzo dell’Estremadura Café di Verbania con E adesso (b)pasta!!!!, Luca Roatta del Relais Cuba Chocolat di Cuneo con Cif-Ciaf, Massimo Stronati di Vina Enoteca di Palo Alto (California, Usa) con È pronto! Nonna Italia’s Bruschetta, Valerio Trentani dell’Alchimia di Milano con Gli intelletti di Marinetti, Salvatore Vita dell’Osteria la Carbonara dal 1906 di Roma con Lelettrodisiaca e Simone Zani di Riserva del Grande / Bar Keeper School di Brescia con L’inverno di Giacomo Agostini.

Nella finale ogni concorrente avrà a sua disposizione una postazione, che potrà personalizzare per arricchire l’esperienza di assaggio della sua creazione, dove preparare la sua polibibita in due versioni: una completa di decorazioni per la giuria tecnica e una versione semplificata e velocemente replicabile della stessa ricetta per il grande pubblico. Novità di questa edizione del concorso è, infatti, che la Serata Futurista sarà aperta al pubblico che potrà accedere gratuitamente all’evento (occorre però accreditarsi), assistere alle preparazioni e degustare le polibibite in concorso servite dai miscelatori in gara. Non solo. Altra novità, è che il pubblico potrà anche esprimere la sua preferenza, dando così vita a una giuria popolare che assegnerà un proprio premio.

Saranno due quindi i premi assegnati. Al vincitore decretato dalla giuria tecnica, composta Roberto Bava, amministratore delegato di Cocchi, Fulvio Piccinino, barman ed esperto di miscelazione futurista, Rossella De Stefano, direttore di Bargiornale, Nerina Di Nunzio, direttore Ied Roma, Cinzia Ferro, Miscelatore Record Nazionale 2016, e Mirko Turconi, bar manager del Piano 35 Lounge Bar di Torino, andrà il titolo di Miscelatore Record Nazionale 2018 e un biglietto per partecipare alla Athens Bar Show 2018, dove sarà ambasciatore del verbo futurista nel Quisibeve (il bar futurista) allestito per l’occasione.

Il vincitore designato dalla giuria popolare sarà invece premiato secondo il principio “tanto Cocchi quanto pesi”, ovvero riceverà un box di prodotti Cocchi equivalenti in kg al suo peso corporeo.

Da non dimenticare, infine, che la competizione, che prenderà il via alle 19, sarà preceduta da un seminario introduttivo al tema della miscelazione futurista curato da Fulvio Piccinino, vero specialista della materia.

Per partecipare

La Gran Serata Futurista si svolgerà il prossimo 18 ottobre al Museo nazionale dell’automobile di Torino, in Corso Unità d’Italia 40. L’ingresso è aperto a tutti e gratuito, ma previa registrazione (clicca qui per registrarti) e fino a esaurimento posti.

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White Walker by Johnnie Walker, lo Scotch ispirato al Trono di Spade

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White Walker by Jonnie Walker

Arriva dalla Terra dell’Eterno Inverno, White Walker, il nuovo Scotch whisky in edizione limitata firmato Johnnie Walker. Ispirato al Trono di Spade, la serie televisiva di culto, il nuovo whisky nasce dalla collaborazione tra il brand del gruppo Diageo, Trono di Spade e Hbo (Home box office), l’emittente televisiva statunitense che ha prodotto la serie e ne detiene i diritti, e rappresenta solo la prima “puntata” di una collezione interamente dedicata alla fortunata saga.

Il progetto prevede, infatti, la realizzazione di una vera Game of Thrones Single Malt Scotch Whisky Collection, con altre 7 referenze in aggiunta a quella già disponible, che saranno in distribuzione a partire dal prossimo febbraio. Referenze ognuna delle quali abbinata a una delle Houses of Westeros, ovvero le casate che nella serie si contendono la conquista del potere.

Ai personaggi più enigmatici e temuti di questa serie da record, i White Walkers dagli occhi azzurro ghiaccio, un’antica razza proveniente dalle terre dell’Eterno Inverno che in passato avevano sottomesso gli uomini, è invece ispirato White Walker (alc 41,7% in vol), creato dallo specialista del settore George Harper insieme a un piccolo gruppi di esperti blender di Johnnie Walker.

In linea con il motivo ispiratore, Harper ha utilizzato anche single malt di Cardhu e Clynelish, le distillerie più a nord della Scozia, nella creazione di questo whiskey, che si caratterizza per le note di caramello, vaniglia e bacche rosse fresche dal tocco fruttato. Un prodotto che ha nella particolarità del servizio il suo carattere innovativo: si tratta infatti di uno Scotch da servire molto freddo, praticamente appena tolto dal congelatore.

Ma in linea con il tema anche l’etichetta, con il suo design bianco e azzurro trasparente, che ben rende l’idea di gelide terre perennemente ghiacciate, e l’uomo che cammina, l’iconico simbolo di Johnnie Walker, ora munito di armatura. A rendere ancora meglio l’idea dell’inverno che arriva, l’inchiostro sensibile alla temperatura dell’etichetta, grazie al quale la bottiglia (70 cl) si ricopre di una finta trama di ghiaccio quando viene congelata.

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Con Mermaid Foodness tinge di rosa la pausa al bar

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Mermaid Foodness

Un concentrato di energia dall’insolito, quanto accattivante, colore rosa. È Mermaid Latte, o latte delle sirene, la nuova bevanda a base di estratti funzionali lanciata da Foodness, il brand dei “free from” di Olibar.

Interamente naturale, la nuova bevanda si propone come una soluzione per un break a qualsiasi ora della giornata, ricaricando con nuove energie corpo s spirito grazie alle proprietà dei suoi ingredienti. Alla base di latte di cocco, si aggiungono infatti l’alga ascophyllum, fonte naturale di iodio e di nutrimenti utili al suo assorbimento, che sostengono la concentrazione e le funzioni tiroidee, la schisandra, le cui bacche hanno un effetto antiossidante, molto nutriente ed energetico, che aumenta la resistenza allo stress e stimola il cuore e il sistema nervoso, il dragon fruit, un frutto ipocalorico ricco di ferro, fosforo, calcio e potassio, e il sea berry (olivello spinoso), una preziosa fonte di acidi grassi Omega, in particolare il raro Omega 7,  che ha un’azione protettiva, idratante e ringiovanente.

Dall’aroma fruttato di bacche rosse, con note floreali, e dal delicato sapore di latte di cocco con una nota di frutti rossi, Mermaid Latte ha inoltre un ridotto contenuto calorico, è gluten free ed è del tutto privo di lattosio, coloranti, grassi idrogenati, zuccheri aggiunti così come di sciroppo di glucosio.

La nuova bevanda è fornita in confezione da 50 capsule professional (ognuna da 14 grammi), 100% riciclabili, per la Genius Compact Machine, l’erogatore professionale di Foodness pensato per le bevande in capsule. Compatto e dotato di un serbatoio da 2 l, questo si può utilizzare con tutti i caffè speciali e le bevande con estratti funzionali a marchio Foodness, assicurando la totale assenza di contaminazione di prodotto tra un’erogazione e l’altra.

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Trionfo dell’italiano Orlando Marzo alla Diageo Reserve World Class

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World Class Global Finals Berlin 2018

C’è un italiano sul tetto del mondo. È il salentino Orlando Marzo (nella foto in apertura) del ristorante Lûmé di Melbourne, in Australia: è lui il trionfatore della Diageo Reserve World Class 2018, tra le più prestigiose competizioni internazionali dedicate all’arte della mixology.

Originario di Castiglione d’Otranto, in provincia di Lecce, Marzo, che è anche tra i candidati finalisti nella categoria Bartender italiano all’estero dell’anno ai Barawards di Bargiornale, è il primo italiano ad aggiudicarsi la World Class, alla quale ha preso parte però come rappresentante dell’Australia.

Del resto alla fase finale della competizione, quest’anno andata in scena a Berlino, la presenza italiana era nutrita. Ben tre, su un totale di 56 finalisti provenienti da tutto il mondo, gli italiani presenti: oltre al vincitore, sono stati infatti della partita anche il nostro campione nazionale Francesco Galdi e Simone Rossi, bar manager dell’Aqua Hong Kong, che ha partecipato sotto i colori di Hong Kong e Macao.

Tornando alla finalissima di Berlino, quattro i giorni di sfide che i concorrenti hanno dovuto affrontare per aspirare all’ambito titolo. Prove che hanno preso il via venerdì 5 ottobre e andate avanti per tutto il weekend, portando il numero dei finalisti a 20, per arrivare infine a definire i 4 bartender che hanno avuto accesso alla sfida finale svoltasi la sera di lunedì 8.

Prove nelle quali il bartender salentino ha mostrato tutte le sue doti e abilità, sorprendendo e conquistando la giuria con le sue creazioni a base dei marchi Reserve Diageo, tra i quali rum Zacapa, whisky Johnnie Walker e Talisker e Bulleit bourbon.

Performance di altissimo livello che sono valse a Marzo il titolo di Bartender of the Year Diageo World Class, un contratto come ambassador Diageo e l’ingresso come decimo membro nella Hall of Fame di Diageo Reserve World Class.

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VarioCookingCenter, l’apparecchio di cottura multifunzione e smart

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VarioCookingCenter

Meno macchinari, ma più performanti e che garantiscano massima flessibilità d’uso. Risponde a questa sfida VarioCookingCenter, un apparecchio multifunzione da cucina sviluppato dall’azienda tedesca Rational. Una soluzione pensata per facilitare la vita a chi lavora dietro i fornelli, anche al bar, aiutando il locale a creare un menu vario, con piatti preparati alla perfezione e in tempi rapidi.

VarioCookingCenter è infatti uno strumento di cottura progettato in un’ottica di massima flessibilità e, pertanto, in grado di svolgere diverse funzioni: cuocipasta, friggitrice e brasiera. Con una sola macchina, in pratica, si possono effettuare tutte le cotture, evitando di avere tante e diverse attrezzature per ogni singola operazione, risparmiando così sui costi e ottimizzando lo spazio, mai troppo, disponibile.

Ma l’apparecchio ha dalla sua anche la velocità e i bassi consumi energetici. Il fondo delle due vasche della macchina, infatti, raggiungono una temperatura di 200 °C in soli due minuti, mantenendo il calore anche se riempite con grandi quantità di cibo freddo, un tempo 4 volte inferiore rispetto alle soluzioni tradizionali, con consumi energetici inferiori di circa il 40%. Ciò grazie al sistema di riscaldamento a rete VarioBoost, brevettato dall’azienda, che garantisce un trasferimento uniforme del calore. Il sistema, in combinazione con il VarioCookingControl, “l’intelligenza” della macchina, controlla anche peso e temperatura del cibo in diversi punti della vasca, in modo da consumare solo l’energia necessaria e nel caso una sezione della vasca fosse vuota, in quella parte la macchina resta spenta. Inoltre, i sensori presenti controllano la temperatura dell’alimento in cottura evitando di bruciarlo, segnalando nel caso occorra l’intervento dell’operatore, ad esempio per girare una bistecca. Ciò, oltre a garantire cibi cotti a puntino e una maggiore libertà all’operatore, evita anche la formazioni di incrostazioni, facilitando e velocizzando le operazioni di pulizia.

Ma i vantaggi della macchina non finiscono qui. VarioCookingCenter è anche dotato di AutoLift, un sistema automatico di sollevamento e immersione: grazie a questa soluzione, in pratica, la pasta, una volta pronta, viene sollevata automaticamente dall’acqua, mentre l’acqua bollente viene svuotata attraverso il collegamento fisso con lo scarico. Una funzione che riduce diversi fattori di rischio, in quanto non c’è nessun trasporto pesante e pericoloso di acqua bollente, evita il pericolo di scottature durante lo svuotamento del bollitore e di scivolamento su pavimenti bagnati, perché a differenza di una brasiera ribaltabile, non necessita di un canaletto di scolo dal momento che lo scarico dell’acqua è integrato nella macchina.

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I rum super premium Atlántico in Italia con D&C

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Atlántico Rum

Viene dai Caraibi la novità che arricchisce l’offerta di spirit di D&C. Si tratta della gamma di rum super premium Atlántico, distillati nella Repubblica Dominicana, che l’azienda di Corsico (Milano) importa e distribuisce in esclusiva in Italia.

Gamma che conta tre referenze, Platino, Reserva e Gran Reserva, prodotte artigianalmente utilizzando una materia prima di alta qualità, la pregiata canna da zucchero coltivata nell’isola, e con un processo che prevede l’assemblaggio di rum ottenuti dalla distillazione di succo puro di canna, da melassa e malta, ovvero rum distillato con un contenuto alcolico più contenuto per preservare l’originale sapore della pianta.

Più nello specifico, Atlántico Platino (alc 40% in vol) è ottenuto dalla distillazione di succo di canna da zucchero fresco, poi lasciato invecchiare per un anno in botti di quercia bianca americana e, infine, affinato in barrique che in precedenza hanno conservato vino spagnolo fatto con uve tempranillo. Un rum leggero molto morbido e saporito, con note di agrumi e vaniglia, e caratterizzato da un bouquet floreale, da servire liscio oppure on the rocks, ma perfetto anche per la miscelazione.

Complesso e profondo, Atlántico Reserva (alc. 40% in vol) è invece un rum in stile Solera frutto dell’assemblaggio di rum invecchiati accuratamente selezionati. Dal sapore intenso, che lascia asciutto il palato generando note di legno, vaniglia e frutti tropicali maturi, peculiarità che si apprezzano al meglio se servito liscio o con un cubetto di ghiaccio.

Infine, il raro Atlántico Gran Reserva (alc. 40% in vol), il pezzo più pregiato della casa. Nasce dalla miscela di rum invecchiati in piccole botti, per un periodo che arriva fino a 25 anni, e si caratterizza per il colore ambra dalle note intense e dai riflessi dorati, per gli aromi caldi e profondi, che ricordano il caramello, la frutta secca, con note di miele e sentori boisé, e per il gusto complesso dove alle iniziali note di tofee, legno e vaniglia, seguono note di frutti rossi maturi e acero. Caratteristiche che ne fanno un pregiato rum da meditazione, da servire liscio. Tutte e tre le referenze sono disponibili in bottiglia da 70 cl.

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Doppio appuntamento a Milano con The Rum Day e The Whisky Day

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Rum Day Whisky Day

Rum e cachaca da una parte e whisky e whiskey dall’altra. Sono i grandi protagonisti di The Rum Day e di The Whisky Day, gli eventi dedicati, rispettivamente, ai distillati da canna da zucchero e da malto e cereali. Un doppio appuntamento che andrà in scena, in contemporanea, domenica 28 e lunedì 29 ottobre a Milano, presso il centro espositivo MegaWatt Court (via Giacomo Watt, 15).

Una due giorni, organizzata da bartender.it, dei quali il primo (domenica 28) dedicato al grande pubblico e il secondo (lunedì 29) ai professionisti del mondo dei locali e del beverage, che permetterà ai visitatori di approfondire le loro conoscenze sui distillati. Ciò grazie un’area espositiva che vedrà la presenza di numerose aziende, che presenteranno varie tipologie di prodotti di diverse provenienze territoriali, e un ricco programma di incontri, masterclass, seminari e tavole rotonde tenuti da massimi esperti del settore e grandi bartender che forniranno tanti spunti di riflessione su questi prodotti in costante evoluzione e preziose indicazioni sul loro utilizzo in miscelazione.

Tra le personalità che aniAgo Perrone Whisky Daymeranno il programma di incontri della Rum School e della Whisky School (a breve disponibile sui siti dei due eventi, dove ci si potrà anche prenotare per prendere parte ai seminari) possiamo anticiparvi la presenza di Dario Comini, patron del Nottingham Forest di Milano e guru della miscelazione italiana, Agostino “Ago” Perrone (nella foto a sinistra), alla guida del Connaught Bar del Connaught Hotel di Londra, Luca Cinalli, altra grande firma italiana a Londra, Bruno Vanzan, fuoriclasse del flair bartending che focalizzerà la sua masterclass sul ruolo del rum nell’aperitivo, Leonardo Leuci e Antonio Parlapiano  di The Jerry Thomas Project di Roma e Fulvio Piccinino, bartender e grande esperto del mondo beverage.

Suddiviso in due aree separate, ma strettamente connesse, l’evento lascerà spazio ovviamente anche alle degustazioni, con un grande bar che proporrà i distillati lisci e miscelati. Simbolico punto d’incontro di questi due mondi la botte, dove si fanno invecchiare i diversi distillati. A questo riguardo per focalizzare l’attenzione su come distinguere tra qualità e sofisticazione sarà presente uno spazio di blind tasting, dove verranno fatti assaggiare varie tipologie di rum, whisky e non solo, per consentire ai visitatori di mettere alla prova il loro palato e le loro conoscenze in materia.

Novità di questa edizione, poi, la presenza di Coffee Mixologist, un nuovo progetto realizzato in collaborazione con Francesco Senapo, barista e tra i massimi esperti di caffè, che nel bar caffetteria fornirà diversi esempi degli usi del caffè in miscelazione e di abbinamenti con rum e whisky.

La sugarcane experience e la malt&grain experience non si concludono con la fine della doppia manifestazione, ma si estendono a tutta Italia con la Rum cocktail week e la Whisky cocktail week che, dal 29 ottobre al 4 novembre, vedranno i cocktail bar che hanno aderito proporre una propria drink list con signature realizzati con i brand sponsor dell’evento.

Come si partecipa

The Rum Day e The Whisky Day si svolgono a Milano presso il MegaWatt Court, in via Giacomo Watt, 15, domenica 28 (dalle 12 alle 20) e lunedì 29 ottobre (dalle 11 alle 20). All’evento si accede con biglietto acquistabile on line o all’ingresso della manifestazione, al prezzo di 10 euro per una sola giornata o di 15 euro per entrambe (prezzi in prevendita).

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Riparte la Burger Battle. Iscrizioni aperte fino al 15 novembre

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Burger Battle

Torna la sfida a colpi di burger. Sono aperte le iscrizioni per la seconda edizione di Burger Battle, la competizione organizzata da Lantmännen Unibake, produttore di pane per hamburger, Baldi Carni, azienda marchigiana che ha inventato l’Angusburger, e Hellmann’s, brand dei dressing Unilever Food Solutions, che decreterà lo chef Re del Burger Gourmet.

Gusto, fantasia e creatività gli ingredienti fondamentali da mettere nella propria originale ricetta di burger per essere tra i nove concorrenti che si contenderanno il titolo nella finale della competizione, in programma a Rimini nell’ambito di Beer Attraction, dal 16 al 19 febbraio.

Per prendere parte al concorso, aperto a tutti i burger chef, occorre iscriversi entro il 15 novembre sul sito della competizione (dove è disponibile anche il regolamento completo) e compilare l’apposito form con i propri dati personali, quelli del locale e relative foto, e inserire la propria ricetta di burger gourmet. Il panino dovrà contenere pane, salse, carne e altri ingredienti a scelta (vanno indicate le quantità) ed essere corredato dalla descrizione della preparazione e da foto.

Tutte le ricette saranno valutate da una giuria di esperti, che selezionerà le 9 migliori, ovvero quelle che meglio sapranno valorizzare l’armonia tra i sapori degli ingredienti principali: cottura della carne, abbinamento delle salse, scelta del pane e abbinamento degli ingredienti extra.

I loro autori si sfideranno a Rimini nella fase finale del concorso, suddivisa in due giornate. Nella prima, il 17 febbraio, i 9 finalisti, suddivisi in tre batterie da tre concorrenti, prepareranno tre diverse ricette di hamburger con il kit di prodotti inviato loro in precedenza dall’organizzazione. Il migliore di ogni gruppo accederà alla finalissima che si terrà il giorno successivo. Nello show cooking finale i tre concorrenti dovranno preparare una nuova ricetta di burger gourmet utilizzando gli ingredienti che troveranno nella mistery box.

A valutare le loro performance una doppia giuria, costituita da una giuria tecnica, formata da 9 esperti del campo della ristorazione, e da una giuria popolare, formata da 22 persone scelte tra il pubblico, che decreterà il vincitore della Burger Battle 2019, che, insieme al titolo, si aggiudicherà una giornata di formazione con gli chef executive delle tre aziende organizzatrici, interamente dedicata alla sua attività.

 

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Laolu Senbanjo firma la limited edition di Belvedere Vodka per (Red)

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Belvedere Vodka (Red)

Anche quest’anno Belvedere Vodka lancia la sua bottiglia in edizione limitata per (Red), l’organizzazione no profit fondata nel 2006 da Bono e Bobby Shriver che lavora in partnership con i brand più iconici per raccogliere risorse da destinare al Fondo globale per la lotta all’Aids.

A firmare la nuova bottiglia è l’artista, musicista e attivista Laolu Senbanjo, ex avvocato per i diritti umani in Africa, che nella sua attività ha prestato sempre particolare attenzione alla battaglia delle donne contro l’Aids e che quindi ha sposato con entusiasmo la causa.

Per questa edizione limitata, che sancisce l’ottavo anno di collaborazione tra Belvedere Vodka e (Red), l’artista ha tradotto gli aspetti di unicità della luxury vodka polacca, a partire dalle sue materie prime, con alcuni elementi della sua cultura originaria nigeriana Yoruba. La bottiglia trasformata in una tela è stata così vestita di varie forme che ricreano gli antichi simboli e motivi nigeriani, con linee fluide che rappresentano l’acqua e la segale e triangoli che simboleggiano la trinità religiosa e danno un’idea di stabilità.

Belvedere Vodka
Laolu Senbanjo, a destra, con la modella Helena Christensen

Un look di grande fascino per dare grande visibilità all’operazione tutta all’insegna della solidarietà e che allo stesso tempo esalta il pregio de distillato, che si caratterizza per la consistenza morbida e setosa, le note delicate di segale e la naturale dolcezza. Peculiarità regalatele da ingredienti di alta qualità, la segale Dankowskie Gold Rye, una pregiata segale coltivata esclusivamente nella regione polacca della Mazovia, e un processo produttivo che prevede quattro distillazioni e la diluizione del distillato finale con purissima acqua artesiana, attinta a una grande profondità nel sottosuolo e filtrata 11 volte, senza nessuna aggiunta di additivi, inclusi zucchero e glicerina.

La limited edition è stata presentata in anteprima durante un esclusivo party al Whitney Museum of American Art di New York, che ha visto icone fashion come le supemodelle Martha Hunt, Helena Christensen, Jeneil Williams e l’attore Nolan Funk prestarsi alla performance live di body painting di Laolu, sulle note dei The Misshapes. Un evento al quale hanno preso parte personaggi come la presentatrice americana Andi Dorfman, il modello Alex Lundqvist, l’attrice e musicista Jackie Cruz e molti altri big della scena newyorkese.

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Natfood lancia Happy Day Cup, la linea di bevande a tutto benessere

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Happy Day Cup Natfood

Calde bevande, a base di ingredienti puri e naturali e senza zucchero, da servire in tazza grande. È la nuova linea multibeverage monoporzionato Happy Day Cup di Natfood. Pensata per i consumatori più attenti al benessere, che anche al bar prediligono consumare prodotti naturali e funzionali, senza rinunciare al gusto, la linea si compone in totale di 15 referenze, suddivise nelle 3 sottogamme Tisane naturali, Calde infusioni e Caffè americani.

La prima è composta da 8 tisane funzionali a base di erbe, veri integratori alimentari certificati dal ministero della Salute. Frutto di una sapiente tradizione erboristica, ogni tisana ha il suo benefico effetto sull’organismo: Detox Cup, dal gusto fresco e dissetante, favorisce il drenaggio dei liquidi corporei, grazie alla presenza, tra gli altri ingredienti, delle foglie di uva ursina; Slim Cup, dal sapore forte e leggermente piccante, stimola il metabolismo, per via del tallo di fucos; Beauty Cup, dal gusto deciso e robusto, ha proprietà depurative assicurate dalle foglie di betulla; Relax Cup, delicata e fresca, favorisce il rilassamento e il benessere mentale grazie alla melissa; Health Cup, più dolce ma con carattere, supporta le difese dell’organismo grazie alla radice di eleuterococco; Everday Cup, speziata e profumata, coadiuva la motilità gastrointestinale grazie ai frutti di finocchio; Body Cup, dal gradevole profumo selvatico, aiuta la funzionalità del microcircolo e allevia la pesantezza della gambe, grazie alla radice di rusco; Oxygen Cup, dal gusto forte e aromatico, favorisce il benessere di naso e gola per via della presenza di liquirizia e timo.

A base di soli ingredienti vegetali puri anche le 5 referenze della gamma Calde infusioni: Bacio Rosso, un’infusione di tè rosso Roiboos con fragola e liquirizia, Arcobaleno di Frutta, con frutti vari, mela, scorza di arancia e mirtilli, Pozione Fragola Rosa, con fragola, mela, foglie di mora e ibisco, Petali di Vitamine, un connubio tra succo di ciliegia, fiori di sambuco e scorza di arancia, e Fresche Foglie Nuove, un’infusione di erbe e spezie, tra le quali menta piperita e citronella.

Infine, Caffè americani, 2 miscele 100% arabica, il blend French Roast, e il monorigine 100% Colombia, tostate appositamente per la preparazione di caffè americani.

Tutte le referenze hanno una shelf life di 36 mesi e sono fornite in box da 18 capsule, compatibili con il sistema K-cup, la tecnologia innovativa per prodotti filtrati messa a punto dall’azienda di Scandiano (Reggio Emilia), che ospita ingredienti puri e naturali senza bisogno di aggiungere zuccheri e conservanti. La capsula, infatti, ha al suo interno un filtro simile a quello delle classiche bustine di tè e permette di preparare in modo rapido le bevande filtrate, e ha una capienza tale da consentire all’acqua di entrare all’interno alla temperatura e pressione ideale per la preparazione del prodotto prescelto, garantendo la massima estrazione del sapore, mentre l’involucro esterno a tenuta termica, bloccando luce, ossigeno e umidità, mantiene il prodotto sempre fresco, buono e aromatico.
Per la preparazione delle bevande l’azienda fornisce 2 attrezzature: l’erogatore Natfood, leggero e compatto, o  l’erogatore Duetto, una macchina che eroga sia le bevande Happy Day Cup, sia le Feel the Aroma, compatibili Dolcegusto, entrambi caratterizzati da un processo di erogazione per step, con una preinfusione che assicura la massima esperienza di sapore in tazza. A questo si aggiungono l’espositore per i 15 gusti, le mug con piattino personalizzate Happy Day Cup, i bicchieri bicamera take away e i materiali di comunicazione, quali menu, crowner e cartelli vetrina.

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Migliora la gestione del tuo locale con il software giusto

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Menu è il software gestionale sviluppato da Passepartout per bar, pub, ristoranti, pizzerie e tutte le attività del settore food & beverage.

Il programma permette di gestire il servizio in modo veloce e preciso, tenendo sotto controllo le scorte e il magazzino, fidelizzando i clienti, sorvegliando e analizzando l’andamento dell’attività. Pratico e intuitivo, può essere utilizzato anche tramite smartphone e tablet, dotati di sistemi operativi Android e Apple. Menu risponde a tutte le richieste necessarie alla corretta amministrazione del back office, controlla l’accesso del personale all’applicazione, tramite autorizzazioni, e ne verifica l’operato. Il sistema di analisi integrato permette la creazione di statistiche e indagini su qualsiasi dato presente all’interno del gestionale. Il programma propone inoltre un servizio integrato per la gestione della fatturazione elettronica. Una soluzione pensata per migliorare la gestione di ogni locale.

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Lucano 1894 essential partner di Matera 2019

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Lucano

Il 2019 sarà un anno speciale per Matera. La città dei Sassi sarà infatti Capitale europea della cultura, un’occasione che le permetterà di mettere in mostra tutta la sua vita e il suo sviluppo culturale. Un’avventura nella quale la città avrà a suo fianco, come essential partner, Lucano 1894, grazie all’accordo appena siglato tra Rosistella Provinzano, presidente del gruppo Lucano, e Paolo Verri, direttore della Fondazione Matera Basilicata 2019.

Una collaborazione naturale, per un’azienda fondata nel 1894 a pochi chilometri da Matera, quando il cavalier Pasquale Vena ha scelto di chiamare semplicemente Lucano il suo amaro ricavato dalle erbe del luogo, destinato a diventare una sorta di ambasciatore dell’identità lucana nel mondo.

Per l’importante appuntamento l’azienda sta portando avanti un nuovo progetto: Essenza Lucano, uno spazio espositivo e multi-tematico, che aprirà le porte proprio accanto alla sua sede storica di Pisticci. Inserito nell’itinerario ufficiale di Matera 2019, lo spazio proporrà ai visitatori un viaggio nel mondo di Amaro Lucano, attraverso un percorso immersivo che si sviluppa in cinque differenti aree tematiche: Lucania, Lucano, Amaro, Storia e Pacchiana, termine quest’ultimo che nel dialetto lucano si identifica la donna rappresentata nel costume tipico della Basilicata, raffigurata anche nell’etichetta della bottiglia dell’Amaro. Cinque differenti aree o itinerari che ripercorreranno la storia dell’azienda, accompagnando il visitatore in un’indimenticabile esperienza all’interno di uno spazio multisensoriale nel quale Lucano mostra al pubblico le sue radici, e che vuole essere un nuovo polo di aggregazione culturale di punta al servizio di Matera 2019 e, più in generale, un biglietto da visita per l’intera Basilicata.

Percorsi resi ancora più affascinanti anche dalla ricca presenza di memorabilia d’antan, documenti, fotografie, manifesti, testimonianze, bottiglie, inviate da tanti lucani in Italia e all’estero che hanno accolto l’appello lanciato lo scorso anno dall’azienda per realizzare questa ’operazione.

«Da 125 anni Matera è casa nostra e l’accordo con la Fondazione Matera Basilicata 2019 ci rende orgogliosi di dare il nostro contributo per far conoscere al mondo i luoghi dove nasce il nostro prodotto più famoso – ha dichiarato Francesco Vena, Ceo di Lucano 1894, in una nota . Un’occasione per trasmettere ai visitatori anche la passione per il lavoro e per le nostre radici.  Valori che contraddistinguono i lucani e che sono stati così determinanti per il successo della nostra azienda. Credo che anche il Cavalier Vena di fronte a questo impegno si chiederebbe davvero “Cosa vuoi di più dalla vita?” ».

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Themologika Design Plus, la lampada a infrarossi di Vortice che scalda il locale

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Vortice Thermologika Design Plus

È stata pensata per creare un ambiente confortevole in modo rapido ed efficiente la nuova lampada riscaldante a infrarossi Themologika Design Plus di Vortice. Una soluzione che combina efficienze e funzionalità con estetica e design, che la rendono perfetta per tutti quegli ambienti che non possono contare su un adeguato livello di isolamento termico o per locali a contatto diretto e continuo con l’esterno.

A generare il calore è infatti una lampada alogena di tipo Ultra low glare, caratterizzata da una bassa intensità luminosa e un’elevata efficacia riscaldante, con potenza regolabile fino a 1.500 W. Peculiarità alle quali si aggiungono una notevole veloce accensione, con oltre il 90% del picco massimo di potenza irradiata raggiunto in meno di 1 secondo, e una lunga durata.

Thermologika Design Plus VorticeInstallabile a parete mediante la staffa in dotazione, e inclinabile di 20° per orientare convenientemente i raggi infrarossi verso il punto da riscaldare, la lampada, che misura 570 mm di lunghezza, 132 mm di altezza 123 mm di profondità (staffa inclusa) per un peso di 2,2 kg, è adatta anche per l’installazione in aree aperte e non riparate.

Facile e comoda da usare, è dotata di un interruttore bipolare a tirante per l’accensione e lo spegnimento, ma per maggiore comodità è predisposta per il collegamento a un interruttore remoto e a un regolatore di potenza, che oltre l’accensione e lo spegnimento permette anche di regolare l’emissione calorica, variando la potenza in un range dal 70 al 100% del valore nominale.

La nuova soluzione arriva così ad arricchire la gamma di lampade a raggi infrarossi Thermologika Design del gruppo multinazionale con sede a Tribiano (Milano). Gamma composta da sistemi, a differenza del modello Plus, dotati di 3 lampade a infrarossi al quarzo, di potenza ognuna pari a 600 W, con possibilità di scegliere tra tre diversi livelli di potenza (600, 1200 o 1800 W) e disponibili in 5 diversi colori: bianco, grigio, argento, blu o grigio antracite, con guscio in lamiera verniciata e fianchetti in alluminio pressofuso verniciati neri.

L'articolo Themologika Design Plus, la lampada a infrarossi di Vortice che scalda il locale è un contenuto originale di bargiornale.

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